Editoriale, N. 5 Nuova serie – Anno III 2007

Da una parte la straordinaria autorevolezza di un richiamo esemplare: “Avere un’idea della storicità dei processi educativi, della cultura che li ispira, delle forze materiali che li sollecitano o li impongono, delle finalità che vengono perseguite, delle relazioni sociali in cui i processi educativi accadono”. Dall’altra il lucido coraggio e la serena intransigenza di una domanda inquietante: “Anche un laico, e persino un naturalista, possono essere portatori di valori forti, di un’etica solidaristica autonoma, di una dignità ineccepibile, di un proprio senso della storia e del posto dell’uomo nella natura. È sorprendente che lo si debba ribadire. Eppure chi trae conseguenze materialistiche dalla teoria darwiniana e rifiuta le ragioni dell’assoluto diventa automaticamente una minaccia sociale: perché mai? A quali regressioni è giunto il dibattito provincialistico italiano se anche autorevoli filosofi si abbandonano a tali argomenti?”

Così Fulvio Papi, uno tra i più significativi filosofi italiani che al nostro presente portano in dote l’intelligenza critica di tutto il Novecento, e Telmo Pievani – l’epistemologo evoluzionista al centro dell’aspro dibattito seguito al discorso di Ratisbona di Benedetto XVI – con il dono di questi due loro interventi degnificano ad abundantiam il quinto numero di Paideutika. E lo fanno secondo quello stile d’incessante critica culturale e sociale che, al di là delle molteplici specificità, definisce, in estrema sintesi, l’abito di una formatività aperta ed antidogmatica. Ove, per dirla tutta, la scrittura asciutta di una dolorosissima esperienza – un coraggioso e limpido diario dal carcere – vale a definire l’orizzonte del nostro impegno vissuto tanto quanto le nostre analisi teoriche su Foucault o sui testi di Agamben. E così via, nella composizione di uno spettro amplissimo di problemi che, con ingaggio decostruttivo, apre alle molteplici direzioni di senso testimoniate, anche in quest’occasione, nelle diverse rubriche: dalla felice inattualità di una pagina di Whitehead sull’università, all’intransigenza etica di una rievocata pedagogia della Resistenza, alla calibrata documentazione istituzionale di un nuovo rapporto tra identità e culture.

Quanto basta, dunque, per giustificare – nel decennale della fondazione del gruppo che ha dato vita a Paideutika – una giusta soddisfazione. Salvo il fatto che, a partire da questo numero, l’orizzonte di serietà culturale cui guarda tutta la redazione incrocia in maniera strutturale e non solo episodica la cifra di una amplificata autorevolezza etica e intellettuale. Una autorevolezza che, come recita il nuovo colophon della rivista, si lascia orgogliosamente rappresentare dagli Amici che hanno aderito all’invito di offrirsi ufficialmente come consulenti scientifici del nostro lavoro: Gabriella Bosco (Università di Torino); Massimo Canevacci (Università La Sapienza di Roma); Mauro Carbone (Università Statale di Milano); Enrica Lisciani Petrini (Università di Salerno); Marco Revelli (Università del Piemonte Orientale); Enrico Testa (Università di Genova).          

Intendiamoci: non si tratta, qui, di appoggiarsi retoricamente alla chiara e meritata fama di intellettuali di rango che su diversi piani – dalla poesia alla critica letteraria, dalla filosofia all’antropologia e alla cultura politica – bene interpretano, in ogni caso, la problematicità dei nostri processi culturali. Piuttosto essi per noi rappresentano, al di là dell’amicizia personale, un’attiva garanzia di serietà critica e una confermata e generosa disponibilità di collaborazione che apre a rinnovate linee di ricerca, di approfondimento, d’impegno. Più ancora: che ci sembra garantire in maniera sempre più precisa le tre preoccupazioni in compagnia delle quali Paideutika ha intercettato il senso della propria presenza. In primo luogo la costante rivendicazione dello stretto legame che intercorre tra formazione e cultura. In secondo luogo l’urgenza di una rinnovata dimensione etico-politica che tenti di suturare la zeppa tra dimensione intellettuale e responsabilità sociale. In ultimo la necessità di dare respiro nazionale e internazionale alla fatica quotidiana del lavoro educativo. Alla sua onestà morale e alla sua rilevanza storica d esistenziale.

Di qui la più profonda gratitudine verso questi nostri Amici, cui si salda, ça va sans dire, la gratitudine verso gli abbonati e i lettori – Amici per elezione – che in maniera francamente inaspettata stanno decretando a Paideutika un successo editoriale che merita davvero l’impegno di tutta una vita.

Antonio Erbetta