N. 15 Nuova Serie – Anno VIII 2012 – Logiche di dominio
EDITORIALE
Che ad essere chiamati in causa siano i termini etico-politici o quelli esistenziali, gli ordini del linguaggio o le scomposizioni sociali, il rapporto tra potere e formazione sembra convergere su un’urgenza: quella di scandagliare “sempre di nuovo” la scena storico-culturale che ci si para innanzi. Come altrettanti segnali di una tensione tra sofferenza e riscatto – o tra emergenza e permanenza – le radici della lunga “rottura di faglia” che stiamo vivendo attingono alimento ben lontano dalla pianta, dimostrando, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto siano estesi e diseguali gli orizzonti di ciò che chiamiamo ‘logiche di dominio’. Perciò questo numero di Paideutika tenta di reperire i sintomi e i significati che, in differenti ambiti, descrivono la problematicità stessa del tema in questione.
Così, il privilegio di ospitare la prima traduzione italiana (con testo a fronte) del fondamentale saggio di Arnold Davidson che, da allievo e studioso di Michel Foucault, mette in luce alcuni snodi decisivi per comprendere come operano i “giochi (discorsivi) del potere”, funge da pretesto per dislocare lo sguardo su altri scenari cruciali. Dal saggio di Ada Lonni che, descrivendo le voci “plurali” di dominio e di libertà che agiscono sul territorio palestinese, ne restituisce, insieme, una rappresentazione emblematica e un problema cogente nella debolezza dell’apparato educativo, lacerato e faticosamente in cerca della propria identità; a quello di Davide Zoletto che, convocando un episodio apparentemente marginale del magistero di Michel de Certeau, ne scova “traiettorie” e “tattiche” possibili per uno “spazio di intervento pedagogico” sui rapporti di forza istituzionali.
Allo stesso modo, se lo studio di Mantegazza e Persico sui gruppi rom e sinti in Italia oggi consegna all’attenzione del lettore la complessità di esperienze educative passate e recenti che certificano la necessità di ripensare più complessivamente i rapporti strategici tra pedagogia e politica, i testi di Pomi e Gozzelino insistono, seppure con approcci e bersagli differenti, sul fronte di un’antropologia esistenziale del potere. Il primo, in dialogo con alcuni decisivi imprestiti del Fondatore della Rivista, lascia emergere le declinazioni dell’educazione come potere nello spettro delle possibilità e delle impossibilità esistenziali; il secondo interroga la contemporaneità antropologica alla luce del binomio democrazia/scuola, originariamente concepito come fulcro della modernità sia in quanto atto costituzionale sia in quanto luogo funzionale alla formazione di una Weltanschauung democratica.
I contributi delle Rubriche, allora, si inscrivono coerentemente in uno scenario mosso, evocando ulteriori quadri semantici: se Archivio della memoria mobilita la straordinaria capacità penetrativa di Frantz Fanon che, tra colonizzato e colonizzatore, ha visto e mostrato la forza persuasiva del dominio, Fulvio Papi, in Oggi un filosofo, smaschera, con la consueta sapienza, l’illusione ideologico-performativa che risiede in un’“educazione alla produttività” di matrice economica. Un tema, quello della performatività economica, che rimane centrale anche nei nostri Sguardi sul mondo, in cui David Nowell-Smith esplora le forme dell’impegno politico nella poesia britannica dell’ultimo decennio. Fino ad accogliere le suggestioni educative dei laboratori di scrittura di ITER e, non ultime, quelle che emergono dalle recensioni, attente, come sempre, ad intercettare tracce, raccordi, luoghi limitrofi della nostra scena culturale. Una galleria di proposte e di sguardi, dunque, innestata sull’idea che le logiche di dominio siano, simmelianamente, altrettante forme di azione reciproca.
Altrimenti? Non resterebbe forse che il rischio della hybris di certune posizioni oracolari, almeno quando esse tentano di far convergere la problematicità dell’esperienza in una sintesi circostanziata e programmatica, sempre più lontana dalla consistenza storica della realtà.
Elena Madrussan
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